Mike Sheldrake : cardboard surf & imagination


titolo originale: "Castelli di carta"
di Marco Mazzini
originariamente pubblicato sul n.5/2008 Dreams Up life Surf Journal 

Mike Sheldrake è una di quelle persone che non possiamo fare a meno di ammirare, una volta che le si conosce un pò meglio, per la propria personalità, per l’inventiva e la capacità di realizzare semplici idee che potrebbero risultare quanto mai balsane se non le si potesse toccare con mano.


 






Local di Blackie’s, il notissimo spot di Newport Beach, Mike collabora con il padre allo studio e alla produzione di miscele di caffé, ed è proprio nell’attesa del campione dei chicchi spediti dal brasile per selezionare un nuovo blend per espresso, che la scintilla si accende: appassionandosi alla progettazione di surfboards e partendo dal presupposto di ottenere un prodotto finito a basso costo, Mike ha disegnato e realizzato, i primi prototipi delle proprie innovative tavole attraverso un fantastico, quanto semplice, processo creativo, utilizzando del cartone (avete capito bene) al posto del classico foam. Quella che potrebbe essere solo la creazione della mente di un pazzo, ha in realtà alle spalle un accurato studio finalizzato all’ottimizzazione del prodotto.
La cosa si è dimostrata tanto interessante da trovare spazio anche su Surfer Mag del novembre 2007. Per approfondire la questione non c’è altro modo che andare alla fonte e per questo ci siamo fatti spiegare il tutto dal trentaduenne californiano.

“Occorre tenere in considerazione – racconta Mike – quanto forti, nello sviluppo iniziale, siano state le componenti di immaginazione e fantasia: mi ricordo perfettamente di come ho fantasticato a lungo sulle curve delle tavole, cercando di percepirne ogni singola variazione ed interpretarla, osservando come le curve di base si mescolino e si intersechino tra di loro.
Un esempio del mio modo di vedere è il seguente. Ci sono alcuni modi differenti di rappresentare quelle curve in un software per disegno: il più utilizzato è quello di costruire sezioni trasversali in vari punti della lunghezza della tavola, ma non è mi è sembrato il più naturale. Quando osservi una tavola, gli occhi e le mani percorrono i bordi e non si muovo trasversalmente sul deck: per questo ho deciso di trattare i bordi separatamente dal resto del corpo della tavola e sto sviluppando un software che lo permetta.
Comunque questo è solo un esempio di cosa significhi per me sognare ad occhi aperti e perdersi dietro a questo progetto.”


“Non ricordo esattamente quando ho pensato per la prima volta a tutto ciò, ma deve essere stato nel periodo in cui Clark Foam stava chiudendo: da allora mi ci sono dedicato parecchio, ho venduto due prototipi a poco più del prezzo di costo e ci ho investito diverse migliaia di dollari in materiale ed equipaggiamenti.”
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Dal punto di vista realizzativo Mike ha scelto di modellare la struttura delle sue tavola sulla base delle hollow boards di Tom Blake, scegliendo tuttavia un modello differente di intelaiatura centinata basata su un disegno da lui stesso definito “quarter isogrid” cioè un misto tra i modelli strutturali a nido d’ape ed a celle triangolari classici, utilizzati nell’industria avanzata.
Questo modello di cella permette di intersecare delle lamine (in questo caso di cartone appunto) in modo che ogni punto di intersezione sia comune a due soli fogli o lamine sagomate: ciò porta ad una semplificazione costruttiva non indifferente che naturalmente riduce i tempi e la precisione necessaria alla macchina che taglia le sagome di cartone stesso, permettendo dei tagli di incastro meno profondi e mantenendo una maggiore rigidità nel materiale, più debole rispetto alle lamine metalliche utilizzate nelle strutture simili ad esempio in aviazione.

“Dopo aver disegnato lo shape della tavola con un programma tipo CAD – prosegue Mike – effettuo il rendering con il modello della struttura di lamine interconnesse che costituiscono lo scheletro della tavola. A questo punto ottengo il modello di ogni centina che mi occorre per la costruzione e posso tagliarla nel materiale con una piccola fresa a controllo numerico. Naturalmente il materiale in cui ritagliare le varie centine può essere legno o cartone o altri compositi: all’inizio avevo scelto il cartone per poter realizzare il primo prototipo a minor costo, tuttavia, visto che è così funzionale ho scelto di continuare a utilizzarlo per tutto lo sviluppo di queste tavole.”
Una domanda che sorge spontanea è sicuramente quella legata all’effettivo utilizzo di queste tavola con anima in cartone: sono realmente utilizzabili? resisteranno da un punto di vista strutturale durante la surfata? Mike è convinto di sì, ed è ben deciso a proseguire il suo progetto, considerando anche il fatto che un personaggio del calibro di Alex Knost ha comperato una sua tavola e la utilizza con grande piacere.

Le tavole sono resistenti. L’intera struttura è resistente se è bene montata assieme: le prime cinque tavole utilizzate come test sono tutt’ora intatte. Provandole sono caduto più volte sul deck e non hanno riportato danni maggiori di una tavola normale: qualche bozzetto e niente più.
All’inizio non ero pronto a prendere delle ordinazioni, ma Alex ne vide una delle primissime realizzate nel parcheggio di fronte al nostro home spot, e ne fu così colpito da chiedermi di poterla acquistare e non gli dissi di no. In effetti quella tavola era un tentativo di copiare il suo primo modello signature realizzato come Gato Heroi. Io non ho niente a che fare con il label Gato Heroi e cerco sempre di non tirare in ballo Alex, però innegabilmente questo fatto ha aumentato la mia credibilità e mi ha messo un poco in luce, spingendomi a lavorare ancora di più per migliorare ed essere pronto alla produzione continua delle mie tavole.
Tornando alla resistenza delle tavole devo dire che nelle prime quattro realizzate, compresa quella acquistata da Alex, il legame tra la parte laminata e la struttura interna era ancora molto debole e ciò è risultato, proprio nella sua tavola, sottoposta a sforzi successivi, in una delaminazione in una porzione del deck che abbiamo risolto applicando una nuova laminazione in quella stessa sezione.
D’altro canto lo stesso Alex ha riconosciuto come la tavola abbia funzionato ottimamente anche dopo l’operazione.
Per dare un’idea della resistenza della struttura ti posso dire che la tavola che ho utilizzato di più, è andata a sbattere contro i piloni di un pontile e ne escuta soltanto con alcuni graffi.
Adesso ho migliorato molto la laminazione e l’incollaggio tra la struttura e la lamina esterna in epossidica e fibra di vetro e non si dovrebbero più verificare problemi di delaminazione.
Un grosso problema a cui sto cercando di dare soluzione pratica è quello di tutte le tavole che si scheggiano: l’acqua che penentra internamente. Nel caso del cartone, se la struttura non si danneggia in urti, è sufficiente far asciugare l’interno perché la struttura di cartone torni alla sua rigidezza iniziale: ho risolto il problema nelle tavole successive creando le condizioni di ventilazione interna tra le singole celle .”
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La struttura interna a celle viene coperta con una laminazione in fibra di vetro e resina epossidica. In particolare per dare coesione all’incollaggio tra il core della tavola ed il guscio esterno, Mike utilizza del tessuto presaturato: una lamina sottilissima viene stesa sopra le celle ed incollata alle stesse così da poter essere successivamente laminata con gli strati finali, alla stregua di un normale pane in foam. Il risultato conclusivo è un oggetto resistente ed esteticamente molto affascinante, caratterizzato dalla trasparenza quasi totale della tavola stessa. Questo tipo di costruzione è sicuramente molto interessante ed innovativa e presenta alcuni aspetti rilevanti che lo stesso Mike ci espone.


“All’inizio volevo soltanto avere alcune tavole esteticamente belle, che fossero performanti, che costassero di meno per essere prodotte e che fossero in larga parte fatte di materiali riciclabili. Come già detto il cartone era solo per il primo prototipo, poi doveva essere sostituito dal legno, tuttavia il risultato mi stupì positivamente e decisi di continuare su quella strada. Il fatto che la struttura sia completamente disegnata al computer (non soltanto la forma esterna) rende possibile una simulazione accurata sia in ambito dinamico, sia sulla base delle caratteristiche che possono essere date al materiale. In questo modo possono essere ottimizzati la grandezza delle celle, lo spessore stesso delle centine e la configurazione dei nodi. Può essere utilizzato lo stesso modello anche per studiare le caratteristiche di rigidezza e flessione. Inoltre il software di disegno che sto sviluppando potrà permettere la personalizzazione da parte del cliente dei miei prodotti. Lo stesso materiale dell’endoscheletro, può essere personalizzato, per ottenere prodotti con caratteristiche molto elevate. Praticamente qualsiasi materiale in lamina può essere adattato allo scopo.”

Lo stesso Mike ricorda comunque di non essere il primo sperimentatore in questo senso. Il leggendario Tom Morey, ideatore di molteplici progetti legati alle onde e non solo, costruì nel 1965 un surfboard in cartone, per promuovere un nuovo cartoncino resistente all’acqua detto SurfCor, prodotto dalla ditta statunitense International Paper, oggi colosso del settore cartaceo. Egli partì da un blocco di lamine di cartone incollate costruendo ben tre tavole, abbastanza pesanti, e surfandone una a Makaha con tanto di ripresa TV.
Come già detto i primi progetti relativi a tavole hollow, quindi vuote internamente, si devono a Norman Carmichale, a Tom Blake ed a molti altri già a partire dagli anni venti.

Numerosi altri marchi si sono cimentati nell’utilizzo di macchine a controllo numerico per la realizzazione di surfboard in balsa ed altre tipologie di legno, tuttavia la grande novità introdotta da Mike Sheldrake è l’idea di poter lavorare in due sole dimensione per produrre tutte la tavola, risparmiando in materiale, tempo e naturalmente denaro.
Numerose sono state le menti surfistiche innovative nel corso degli ultimi cento anni. Come molti altri prima di lui, Mike ha intrapreso una nuova strada, facendo tesoro del bagaglio portato dalle numerose menti innovative che si sono dedicate allo sviluppo del surf nel corso degli ultimi cento anni, alcuni con ottimi risultati, altri senza grosso successo: solo il tempo ci potrà dare il suo giudizio.

[Testo di Marco Mazzini / SingleFin]


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